Horizon e le Pmi, ecco le regole per ottenere finanziamenti
Le regole di Horizon, il nuovo programma dell’Unione europea per la ricerca e l’innovazione, non prevedono una pre-allocazione di fondi per ogni Paese, ma investimenti indirizzati verso i progetti più meritevoli. Vinca il migliore, ha stabilito l’Unione europea con una decisione che mette particolarmente a rischio l’Italia da sempre alle prese con evidenti problemi nella presentazione di progetti appetibili e nell’ottenimento dei fondi.
In generale la parecipazione delle Pmi italiane si indirizzerà soprattutto verso i programmi rivolti all’innovazione, visto che di solito le aziende della Penisola non hanno strutture di ricerca che gli consentono di partecipare a questi bandi. La call per l’innovazione offre finanziamenti fino al 70% che potrebbero salire per le piccole e medie aziende.
Inoltre se nella ricerca si segue uno schema top-down con la Commissione europea che fissa il programma e gli obiettivi della ricerca, nella parte relativa all’innovazione lo schema è opposto con una maggiore libertà di scelta dei progetti.
“L’importante – spiega Michele Morganti che si occupa della promozione e sviluppo dei progetti europei alla Fondazione Politecnico – è che ci sia una forte motivazione nei progetti”. Una forte motivazione significa che si deve trattare di un progetto che, come le altre iniziative comunitarie, deve guardare oltre i confini nazionali e coinvolgere anche gli altri Stati membri dell’Unione, ma soprattutto che sia un progetto ambizioso fortemente orientato alla crescita e non a vivacchiare.
Importante è anche “che l’idea porti un effettivo vantaggio in termini di competitività” o nel case della ricerca che faccia parte di un percorso già sviluppato con programmi precedenti.
Spesso però, rileva Morganti, i progetti delle aziende italiane mancano di ambizione. In più “le aziende italiane hanno un fondatore che è sempre intenzionato a mantenere il controllo della società”. In questo modo la ricerca di partner è orientata solo al reperimento dei finanziamenti e non a cercare qulacuno con cui sviluppare assieme il progetto. “Senza un partner che si assume il rischio, però – aggiunge l’esperto della Fondazione Politecnico – la conseguenza è di limitare le possibilità di crescita dell’azienda. E’ più un problema di mentalità e cultura”. Negli altri Paesi infatti l’azienda viene messa sul mercato cercando altri partner come azionisti.
Se poi nei progetti di ricerca è fondamentale l’eccellenza scientifica, nell’area dell’innovazione diventa principale l’impatto che il progetto può avere in termini di crescita e occupazione. Non dimentichiamo che l’Europa ha deciso di invertire il processo di deindustrializzazione ponendosi l’obiettivo del 20% di Pil realizzato dall’industria manifatturiera entro il 2020.
Un target possibile da raggiungere attraverso una serie di traguardi come quello relativo agli investimenti in attività produttive che devono raggiungere i livelli pre-crisi entro il 2015 per arrivare al 23% del Pil entro il 2020. Anche gli investimenti in macchinari e attrezzature devono tornare ai livelli precedenti la crisi entro il 2015 per raggiungere il 9% del Pil entro il 2020.
Tutto questo però prevede che vengano presentati business plan “forti” che non puntino solo a raccogliere soldi, ma prevedano l’analisi della concorrenza e valide strategie. Sembrano consigli banali, ma spesso le imprese italiane cadono proprio su questi aspetti.
Articolo di Luigi Ferro www.ict4executive.it